4 novembre 1999Ultime volontàHo compiuto 90 anni il 18 ottobre. La morte dovrebbe essere vicina. A dire il vero, l'ho sentita vicina tutta la vita. Non ho mai neppure lontanamente pensato di vivere così a lungo. Mi sento molto stanco, nonostante le affettuose cure di cui sono circondato, di mia moglie e dei miei figli. Mi accade spesso nella conversazione e nelle lettere di usare l'espressione "stanchezza mortale". L'unico rimedio alla stanchezza "mortale" è il riposo della morte. Requiem aeternam dona eis domine. Nell'ultimo bellissimo coro della Passione secondo San Giovanni di Bach, il coro, subito dopo la morte di Cristo canta: "Ruht wohl" (riposa in pace). Desidero funerali civili in comune accordo con mia moglie e i miei figli. In un appunto del 10 maggio 1968 (più di 30 anni fa) trovo scritto: "Vorrei funerali civili. Credo di non essermi mai allontanato dalla religione dei padri, ma dalla chiesa sì. Me ne sono allontanato ormai da troppo tempo per tornarvi di soppiatto all'ultima ora". Non mi considero né ateo né agnostico. Come uomo di ragione e non di fede, so di essere immerso nel mistero che la ragione non riesce a penetrare sino in fondo, e le varie religioni interpretano in vari modi. Funerali semplici, privati, non pubblici. Raccomando caldamente ai miei familiari questo mio desiderio. Ho avuto nella mia vita, anche in occasione dei miei 90 anni, pubblici riconoscimenti, premi, varie forme di onoranze che ho accettato pur essendo convinto che eccedessero i miei meriti. Alla morte si addice il raccoglimento, la commozione intima di coloro che sono più vicini, il silenzio. Breve cerimonia in casa, o, se sarà il caso in ospedale. Nessun discorso. Non c'è nulla di più retorico e fastidioso che i discorsi funebri. E poi il trasporto a Rivalta per essere sepolto nella tomba di famiglia. Sulla lapide soltanto nome e cognome, data di nascita e di morte, seguiti da questa unica dicitura "Figlio di Luigi e di Rosa Caviglia". Mi piace pensare che sulla mia lapide il mio nome compaia insieme a quello dei miei genitori. Mio padre, alessandrino, è stato il capostipite dei Bobbio di Torino; la tomba è stata fatta costruire da lui nel paese, che ha molto amato, di sua moglie. Il mio nome, unito a quello dei miei genitori, oltretutto, dà il senso della continuità delle generazioni. La famiglia dia la notizia della morte a funerali avvenuti con un necrologio composto con le parole semplici con cui sono in genere scritti i necrologi della gente comune: È mancato all'affetto dei suoi cari
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