Norberto Bobbio discute il saggio di d'Orsi su intellettuali e fascismo: quante confusioni imperdonabili

LA STAMPA, 16 maggio. Sulla copertina di «Società Cultura & Spettacoli» della Stampa, un articolo di Alberto Papuzzi (intitolato «l'ebreo fascistissimo») presenta «La cultura a Torino fra le due guerre», saggio di Angelo d'Orsi (edito da Einaudi) che incrina il mito degli intellettuali torinesi durante il Ventennio. Il libro sottolinea i pegni che professori e scrittori, artisti e scienziati, giornalisti e critici pagarono al fascismo: «Solo pochi hanno aderito al regime per convinzione - spiega d'Orsi - e pochi l'hanno combattuto. I più hanno aderito per ragioni di convenienza» .

IL FOGLIO, 17 maggio. Giuliano Ferrara pubblica sul Foglio, in prima pagina, un articolo intitolato: «Einaudi e La Stampa mettono in piazza con audacia uno studio che rompe il tabù dell'azionismo torinese»: «Ecco perché - vi si legge - i grandi intellettuali virtuisti" ebbero una funzione servile sotto il duce. Come si rovescia una grande tradizione ideologica e politica». Un editoriale invita anche a «rileggere la vecchia immagine del fascismo», per «capire la nuova immagine dell'azionismo».

LA REPUBBLICA, 18 maggio. D'Orsi interviene su Repubblica, che intitola: «Intellettuali, coraggio & viltà. Un saggio di Angelo d'Orsi preso a pretesto per svilire la portata dell'antifascismo da Gobetti a Bobbio». «Sono stato usato dal Foglio in modo volgare», spiega lo storico, «da chi vuol demolire con l'azionismo ogni resistenza morale. È vero che è esistita un'ampia zona grigia ma non è giusto confondere oppressori e oppressi. Oggi c'è chi trae vantaggio dal disegnare una notte buia in una in cui tutte le vacche sono egualmente scure». Due giorni dopo d'Orsi interviene anche su Liberazione.

LA STAMPA, 18 maggio. Alessandro Galante Garrone racconta alla Stampa la Torino antifascista. Descrive, tra gli altri, Piero Gobetti («Era un nome che aggregava il piccolo mondo antifascista. Avevami il culto di lui»), Leone Ginzburg («Una figura nobile nella Torino che lottava contro il regime») e Vittorio Foa («Primeggiava tra gli oppositore, ti accendeva come Mazzini quando fondò la Giovine Italia»). «Ho molta stima di d'Orsi - conclude Galante Garrone - è uno storico serio, capace di un lavoro in profondità. Ma è di un'altra generazione e non ha visto il clima di allora».

CORRIERE DELLA SERA, 20 maggio. Indro Montanelli, in un editoriale sul Corriere della Sera, descrive il saggio di d'Orsi come un «lavoro serio e convincente». Anche se, sottolinea, lo storico «ha studiato a fondo il fascismo, ma non lo ha vissuto come è toccato alla nostra generazione». E conclude: «La vera colpa dell'intellighenzia azionista piemontese non fu sicuramente di essere scesa a compromessi e accomodamenti, ma quella di averli sempre rinfacciati agli altri». Sul Corriere interviene anche d'Orsi il 25 maggio.
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L'ESPRESSO, 26 maggio. Chiara Valentini riassume sull'Espresso, in un articolo intitolato «Foglio e moschetto, revisionista perfetto», la polemica sollevata dal saggio di d'Orsi. La «campagna guidata da Giuliano Ferrara e Pietrangelo Buttafuoco», spiega, ha un obiettivo: Secondo un'interpretazione "maliziosa" - scrive - dimostrando che tutti in Italia hanno cambiato bandiera e che il nostro è il famoso "paese alle vongole", senza miti e senza eroi, Ferrara libererebbe il campo dalle ultime residue resistenza culturali, fastidiose per un polo berlusconiano che si sente ormai in dirittura d'arrivo».


"La storia vista dai persecutori : la polemica sull'antifascismo a Torino" di Norberto Bobbio. In: La Stampa, sabato 27 maggio 2000

"Il confronto tra gli storici". In: La Stampa, sabato 27 maggio 2000

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