IL CONFRONTO TRA GLI STORICI

Dopo l'uscita, per i tipi di Einaudi, del libro di d'Orsi La cultura a Torino tra le due guerre, il nostro giornale ha ospitato un nutrito dibattito fra gli storici torinesi sulle tesi del libro, sull'antifascismo degli intellettuali, sul significato da attribuire a loro cedimenti. Sono intervenuti Valerio Castronovo ("Ma il Duce non riuscì mai a conquistare Torino", 17 maggio) Bruno Bongiovanni ("Torino era la "città futura", 19 maggio), Fabio Levi ("Ebrei e fascismo, il compromesso taciuto", 20 maggio), Giovanni De Luna ("Giustizia e libertà, la cospirazione delle tartarughe", 21 maggio), Massimo L. Salvadori ("Ma il fascismo non poteva produrre cultura", 23 maggio) e Giuseppe Berta ("Torino Città limpida", 26 maggio). Se Valerio Castronovo ha ricordato (con un intervista) come i rapporti dei federali fascisti dimostrino che gli intellettuali torinesi furono una spina nel fianco del regime, Bruno Bongiovanni ha osservato, nel suo intervento, come il libro di d'Orsi, al di là del giudizio finale, descriva una cultura che comunque "non volle o non poté" arrendersi. Il complesso tema dell'adesione al fascismo da parte anche di intellettuali ebrei è stato affrontato da Fabio Levi, che contemporaneamente ha posto in primo piano le responsabilità del regime. Discutendo anche le ragioni soggettive delle polemiche sull'azionismo, Giovanni De Luna ha messo in evidenza come dallo stesso saggio di d'Orsi risulti che gli intellettuali Giellisti pagarono con il confino, il carcere, l'esilio o la morte. Massimo L. Salvadori ha contestato significative tesi del libro,

in particolare che il fascismo avesse prodotto cultura e che le aperture ad ambienti o intellettuali fascisti fossero cedimenti. Giuseppe Berta ha infine riportato l'attenzione sulla ricchezza di materiali del saggio di d'Orsi, mettendo in luce come la dicotomia fascismo-antifascismo non basti a spiegare il dinamismo della cultura torinese fra le due guerre. Quei vent'anni restano un nodo storiografico, carico di significati ideologici e politici, che rimanda più in generale al dibattito sul consenso al fascismo, resistenza antifascista e "zona grigia", che ha avuto per protagonisti studiosi e testimoni come Renzo De Felice, Claudio Pavone, Gian Enrico Rusconi, lo stesso Bobbio. Ma il dibattito ospitato in queste pagine ha anche affrontato le questioni di metodo che proprio una materia così scottante mette all'ordine del giorno per gli storici.


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