Mercoledì 25 Aprile 2001

Il dolore di Bobbio: "Ciao Valeria.
Senza di te non potrò vivere"

Ieri i funerali della moglie che è rimasta accanto
al filosofo per cinquantotto anni

MASSIMO NOVELLI

Lei lo chiamava il citin. Un affettuoso modo tutto torinese per dire bambino. Lei che adesso non c'è più. E nel tempio della cremazione, in un mattino morbido e triste, proprio con la dolcezza e la leggerezza di un bimbo, di un citin, lui accarezza piano quel legno della bara, quei fiori gialli. China il capo, il citin, e le dà un ultimo saluto con la mano, rotto dalla lacrime, dal respiro schiantato. Un saluto che ripete più volte, per non lasciarla partire subito, per trattenerla ancora un poco con lui. Le mani di Norberto Bobbio, quel soffio di voce, sono l'ultimo gesto d'amore per Valeria Cova, la compagna della vita, cinquantotto anni insieme, che se n'è andata via domenica pomeriggio.

«Domenica mattina non ti sei alzata perché non stavi bene, i tuoi dolori al petto si erano infittiti, ma non hai mai dato importanza ai tuoi malanni. Non abbiamo mai detto un sola parola sulla tua malattia».

Nelle sue parole lette da altri, c'è la voce lacerata dell'anziano filosofo. Anche se lui non parla, dice solamente quei ciao e scuote la testa. E poi ci sono quelle mani che la moglie prendeva nelle sue perché sempre fredde. «E la freddezza delle mie mani era una delle tue apprensioni, per questo le prendevi nelle tue mani, che con mio stupore erano sempre caldissime, e le scaldavi. Il citin era sempre freddoloso, tu lo sapevi, e gli davi un po' del tuo calore».

Le mani, quel sussurro, le parole che Norberto Bobbio ha scritto a Valeria in queste ore straziate e che vengono lette nella sala della cremazione, commuovono la piccola folla convenuta al cimitero monumentale. Autorità, intellettuali, cittadini: da Luciano Violante al questore Cavaliere, dal comandante dell'arma dei carabinieri a Giorgio Ardito, Mercedes Bresso, Valentino Castellani, Carla Gobetti, Sergio Chiamparino, Bianca Guidetti Serra, Carlo Federico Grosso, Franzo Grande Stevens, Giampiero Leo, Pietro Marcenaro, Ernesto Olivero, Diego Novelli, Enrico Salza, Walter Vergnano, e tanti altri. C'è anche il sole, finalmente più caldo. E i tre figli del senatore a vita, Andrea, Luigi e Marco, lo attorniano, cercando di arginare, di attenuare, il suo dolore. Gli tengono le mani, altre mani, sulle spalle, per protezione, per dargli un po' di forza. Ma è un dolore infinito, quello del citin: «Sarebbe dovuto toccare a me per primo, che sono più vecchio. Ma non è stato così». Un dolore compensato soltanto da questo: «Tu non sei morta se non in apparenza. Sei viva. Sei diventata una parte di me». Un dolore che sembra togliergli il fiato: «La nostra vita è stata per tanti anni una vita sola. Il citin non può vivere da solo. Tu lo sapevi bene e ora lo so benissimo anch'io».

Non è lunga, è sobria e intensa, la cerimonia funebre. Dopo le parole martoriate del filosofo, un nipote legge un brano di un libro su Cervinia. Lì, al Breuil, si erano conosciuti, lui e Valeria, a metà degli anni Trenta. E chissà quanti ricordi, quanti frammenti e brandelli di una lunga esistenza e di un lungo amore, quanti sorrisi di Valeria, scuotono la mente di Bobbio come in tumulto. Sono memorie che scendono sul suo volto, lo rigano di pianto, lo fanno mormorare, quando tutto è finito, «non me l'aspettavo, non me l'aspettavo proprio». No, non se lo aspettava, il citin, che la sua compagna lo lasciasse in questo tardo risveglio di primavera. Lei, che come ha scritto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in un messaggio, era «dolce e fedele compagna di una vita, presenza costante e sensibile per condividere il suo impegno intellettuale e civile. Il ricordo di Valeria e del suo amore continuerà a vivere in lei e a ispirare il suo lavoro».

Bobbio poi se ne va con il suo dolore immenso, accompagnato dai figli, salutato dalla piccola folla. Sul suo viso, sulle sue mani, sull'impermeabile che lo cinge, ci sono i riflessi di questo sole che è caldo come le mani di Valeria. «Ma io non resterò solo perché tu resterai dentro di me». L'eco di queste parole, le sue parole d'amore, sembrano seguirlo, lui anziano e stanco, oltre l'uscita del cimitero, come se dietro ci fosse sempre Valeria.