ELZEVIRO Un saggio-dialogo con Viroli

Il grido di Bobbio nell' Italia dei sordi

di CORRADO STAJANO

E' preoccupato e amaro, Norberto Bobbio, in questo Dialogo interno alla repubblica (pagine122, lire 24.000, Laterza), nato dalle conversazioni con Maur izio Viroli, studioso di storia del pensiero politico, professore all' Università di Princeton.

«L' Italia sta attraversando una crisi storica gravissima», dice sul finire degli incontri iniziati nell' agosto del 2000 e terminati in dicembre. Esiston o speranze, si potrà ricominciare? «È difficile, dice Viroli, pensare a una rinascita civile della nostra Repubblica se non si forma una nuova élite politica». E Bobbio: «Ma dove, e come? I personaggi che emergono di volta in volta sono uno peggio de ll' altro, anche all' interno della sinistra». E pare di vederlo, con la sua passione non sopita, il grande maestro, nato a Torino il 18 ottobre 1909, che per tutta la vita ha studiato e insegnato la filosofia e la politica a generazioni di giovani e d è passato, partecipe, attraverso un secolo terribile, ora alla ricerca di una soluzione, di un appiglio, che possa aiutare a far rinascere la Repubblica impantanata. E a risvegliare i cittadini sordi che seguitano a commettere, perché la storia non insegna mai nulla, gli errori di sempre.

«Formare un' élite è difficile. Puoi riformare la Costituzione: puoi introdurre nuove leggi, ma come puoi rinnovare la classe dirigente? La classe dirigente o c' è o non c' è.(...)Il problema è che una classe dirigente da prendere sul serio in questo momento non c' è».

Anche da questo piccolo libro risultano i caratteri di Bobbio, le sue spine, le sue predilezioni, le sue idiosincrasie. Non rivendica nessuna unità nella sua biografia intellettuale. I suo i autori, se si eccettua Machiavelli, non sono italiani: Hobbes, Locke, Kant, Rousseau. E poi Cattaneo, «unico autore della tradizione italiana che non era mai stato infangato dal fascismo». Detesta l' eloquenza e la retorica. Viroli gli fa notare la contraddizione: «Il filosofo militante, oltre ad analizzare criticamente concetti e problemi, deve muovere i concittadini all' azione, suscitare sdegno, esortarli a resistere. Per fare tutto questo egli deve toccare le passioni».

Bobbio non si scompone: «In me c' è il realista e l' uomo di passione. Sono realista quando esamino i fatti e cerco di interpretare i conflitti reali fra gli uomini; e sono anche uomo di passione. Io sono stato molte volte l' uno e l' altro».

Anche in queste conversazi oni rivela le sue due anime. Confessa di avere sempre insegnato con freddezza, con distacco, di avere smorzato i toni con gli studenti. Si considera mite, non intransigente, come Gobetti, come Vittorio Foa negli anni del carcere. Confessa che, a diff erenza del suo amico Alessandro Galante Garrone, non sarebbe poi così severo con gli eredi dei Savoia a proposito del loro ritorno in Italia.

Ma parlando e scavando, Viroli fa perdere a Bobbio un po' della sua mitezza. «Se tu dovessi scrivere un deca logo dei doveri del cittadino, quale sarebbe il primo dovere?».

E Bobbio: «Il dovere di rispettare gli altri. Il superamento dell' egoismo personale. Accettare l' altro. La tolleranza degli altri».

Incalza Viroli: «E il primo dovere che vorresti inse gnare ai governanti?».

«Il senso dello Stato, ovvero il dovere di perseguire il bene comune e non il bene particolare o individuale».

Quando poi nella conversazione affiora il problema Berlusconi, la mitezza di Bobbio si trasforma in gravità e in pre occupazione. La sua è una cruda radiografia: Forza Italia «è un partito personale in senso proprio, in quanto non è un' associazione che ha creato un capo, ma un capo che ha creato l' associazione». È un partito che possiede soltanto un' ideologia ne gativa, quella dell' antistatalismo: «Berlusconi identifica lo statalismo con il comunismo ed è riuscito a persuadere che l' Italia, poiché è stata statalista, è stata comunista».

Sente il dovere di parlare, Bobbio, è appassionato, ma resta freddo ne ll' analisi: «Anche se si definisce il partito della libertà, anzi il centro di un Polo della libertà, Forza Italia non si riallaccia affatto alla tradizione liberale italiana. Non ha nulla di simile al liberalismo di Einaudi, per citare il nome più significativo. Non ha neppure i caratteri del classico partito conservatore. Forza Italia è dunque un partito eversivo, e Berlusconi se ne rende perfettamente conto».

Bobbio considera Berlusconi un capo carismatico, un demagogo che suscita entusiasmi e questo lo inquieta perché gli risveglia certi neri fantasmi del passato. «Non hai l' impressione - gli dice Viroli - che stiamo assistendo esattamente a una degenerazione della democrazia in demagogia? Anzi in una demagogia oligarchica?».

E Bobbio : «Berlusconi in fondo, come il tiranno classico, ritiene che per lui sia lecito quello che i comuni mortali sognano. La caratteristica dell' uomo tirannico è credere di potere tutto (...) Berlusconi è un uomo che ha un' autostima immensa, un vero e proprio complesso di superiorità. Egli si considera infinitamente superiore agli altri esseri umani; ha di sé l' idea di essere un' eccezione».

L' argine contro l' avventura e la degenerazione politica è per Bobbio la figura di Ciampi, «persona squis ita, con la faccia pulita da persona perbene». Rappresenta molto bene l' antifascismo, «il che è importante ora più che mai. Ciampi è stato allievo di Calogero, che è stato maestro di antifascismo. Però il problema dell' élite rimane, e non so come s i possa formare una nuova élite».