Idee Su «Critica liberale» lettere inedite del 1957 in cui i due intellettuali si chiedono come difendersi da totalitarismo e capitalismo

Bobbio a Spinelli: il federalismo è anticomunista

«L' opera di Stalin non fu un tradimento della rivoluzione, ma la sua corretta realizzazione»

Fertilio Dario

Anno terribile, quel 1956. Pochi mesi dopo il ventesimo congre sso del Partito comunista sovietico, i carri armati del Patto di Varsavia avevano cominciato a sparare sulla gente in rivolta per le strade di Budapest. Fu un ottobre gravido di conseguenze: da un parte i «carristi» del Pci, convinti di dover appoggi are il comunismo anche quando era sostenuto dai mezzi cingolati; dall' altra alcuni uomini di sinistra improvvisamente risvegliatisi, dopo decenni di sonno ideologico, ai tormenti della coscienza. Fu allora che le strade degli uni e degli altri si di visero irrimediabilmente.cDi quei tempi febbrili e passionali ci viene restituito ora qualche frammento attraverso un carteggio inedito: i protagonisti sono il filosofo Norberto Bobbio e il teorico del federalismo Altiero Spinelli. La rivista Critica liberale, diretta da Enzo Marzo, dedica un numero speciale a due loro lettere recuperate nell' Archivio storico delle Comunità europee di Firenze; ne esce un doppio ritratto psicologico dei protagonisti e in controluce si riconoscono dubbi e contrad dizioni di altri uomini di cultura chiamati a prendere posizione, almeno moralmente, in quei mesi.

Non era in discussione soltanto il rapporto fra comunismo e democrazia: all' ordine del giorno era ormai iscritta anche la questione del federalismo, i nnescata dalla creazione, nel marzo ' 57, del Mercato comune europeo. Proprio allora Altiero Spinelli aveva pubblicato il suo Manifesto per l' unità del continente, nel quale rivendicava la superiorità della «rivoluzione» federalista rispetto a quell a comunista: equivaleva a una pubblica rottura con l' ideologia alla quale, pure, un tempo aveva creduto. Una sua affermazione, in particolare, avrebbe trovato decenni più tardi il consenso della scuola revisionista: l' opera di Stalin - affermava Sp inelli - non era da considerarsi una degenerazione della rivoluzione, ma la sua corretta realizzazione. Il suo rifiuto del comunismo, insomma, era ormai assoluto.

Il carteggio pubblicato da Critica liberale parte da qui: dalla lettera inedita inviata il 15 dicembre del 1957 da Bobbio a Spinelli. «Lei è stato comunista, io non lo sono mai stato» scrive Bobbio, eppure si dichiara pronto ad ammettere «l' attrazione che in vari momenti della mia vita ha esercitato su di me il comunismo». Una tentazi one, precisa, «che ho combattuto o almeno cercato di combattere con l' esercizio della ragione». E il federalismo? Bobbio afferma di considerarlo «una difesa contro la tentazione» dell' ideologia comunista, niente di più. Un mezzo, anziché un fine, rivolto a contrastare «il potere oppressivo degli stati nazionali», ma incapace di combattere «l' abuso di potere da parte dei grandi gruppi capitalistici».

La lettera con la risposta di Spinelli contrappone l' entusiasmo ai dubbi, la speranza di un d iverso ordine continentale alla certezza dell' imperialismo sovietico. «Anch' io sono convinto che il federalismo non sia affatto una soluzione finale, ma solo un mezzo» scrive Altiero Spinelli. Ma proprio da qui nasce a suo giudizio un' esigenza eti ca: occorre rifiutare «quelle mezze religioni politiche che si sono incarnate nei partiti ideologici» e «non pretendere di rispondere a tutti i quesiti che l' umanità si pone».

Difficile, al di là della comune onestà intellettuale, immaginare due per corsi successivi più diversi. Dovremmo concluderne oggi che storia e coerenza hanno dato ragione soltanto a Spinelli? Nella confessione di Bobbio, pochi mesi dopo l' invasione sovietica dell' Ungheria, c' è piuttosto un' ammissione: la forza di una m alattia ideologica si può manifestare anche come spes contra spem, speranza irrazionale contro l' evidenza e la logica, l' opportunità e la giustizia. E così il Bobbio del ' 57 è pronto a fornire materia ai suoi ammiratori e ai suoi critici.

Dario Fertilio